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Lo butto giù

Per arricchire l’archivio della seconda Guerra Mondiale vi voglio raccontare una piccola storia personale legata all’anno 1944, con i tedeschi che occupavano metà Italia. Eravamo sfollati sul lago Maggiore a Porto Valtravaglia, un paesino che si affacciava sulla sponda orientale del lago, di fronte a Meina dove i nazisti avevano massacrato centinaia di ebrei, colpevoli solo di essere nati non cattolici. Quell’autunno del 44 mio padre volle portarmi con se a Luino dove avrebbe, in un mercato, tentato di vendere qualche pezzo di stoffa per le camice. Al casello ferroviario, eravamo in bicicletta, io sulla canna quando un repubblichino di Salò sparò un colpo di fucile contro di noi, che per fortuna andò a vuoto. Mio papà si infuriò molto con il fascista e questi lo arrestò. Io sul lungolago seguivo papà e ogni passo che facevo, dentro di me, cinque anni, avrei voluto dargli uno spintone facendolo ruzzolare nel lago per poi scappare. Ricordo ancora, adesso “adesso lo butto giù”. Poi mio padre venne portato in caserma, dove fortuna nostra comandava il comandante Varisco, fascista della prima ora ma una brava persona la cui moglie era amica di mia mamma. Papa’ il giorno dopo venne liberato e Varisco, visto che mi ero spaventato, mi regalò un bel sottomarino in legno. La  guerra continuava. Avevamo un paracadutista americano nascosto in solaio, un rischio grandissimo se i tedeschi lo avessero trovato. Picchiano alla porta di casa e due soldati, altissimi mi ricordo, forse granatieri indicando il solaio dicevano a mia zia “partizan partizan”. Dov’è ? Fummo fortunati che i due tedeschi, che probabilmente erano ragazzi di leva se ne andarono per non prendersi una mitragliata dall’Americano, pensando che forse era meglio non perdere la vita, dal momento che la Germania stava ormai perdendo la guerra. Altro ricordo, quello di attendere l’arrivo di papà da Milano, dove faceva la spola con Porto Valtravaglia, dal momento che nel capoluogo lombardo ogni giorno cerano i bombardieri alleati: I Tedeschi schierati alla stazione di Porto Valtravaglia con il babbo di Dario Fò controllava il passaggio dei treni, tutto era pronto per arrestare viaggiatori che arrivavano da Milano per spedirli direttamente in Germania nei campi di concentramento: Io e la mamma a piedi andammo fino a Caldè, dove non c’erano tedeschi. Papà, grazie al cielo, e tutti gli altri, avevano avuto una soffiata e rimasero in città. In pratica tre piccole storie che servono per non dimenticare.

di Luigi Sada