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Ciao, Jugoslavia

Gorbaciov non immaginava, certo, di aver fatto scattare la scintilla del

L'ex Jugoslavia

Ha combinato un bel pasticcio il leader sovietico Gorbaciov quando nel 1989 ordinò alla DDR di aprire le porte ai cittadini dell’Est, abbattendo il famigerato muro di Berlino, che divideva la Germania in due, da oltre trent’anni.
Gorbaciov non immaginava, certo, di aver fatto scattare la scintilla del nazionalismo che si espandeva in tutta Europa, in primo luogo con lo sfascio dell’URSS e Jugoslavia dove, per quasi dieci anni , la gente si sarebbe scannata tra di loro , senza sapere chi fosse il nemico da combattere un esempio: se volevi attraversare un ponte a Serajevo, i mortai e i cecchini serbi ti uccidevano, anche se eri nato a Belgrado.
La Jugoslavia è morta così, dilaniata da lotte fratricide, dopo che era stata tenuta unita dalla dittatura del Maresciallo.
I primi sintomi, e noi eravamo presenti in quanto turisti amanti delle belle spiagge e dell’ottimo cibo, ci erano avuti quando erano giunte notizie che qualcuno aveva gettato olio sulle strade do Pola e Rijeka. In seguito, l’assedio alle caserme di Zagabria e Lubijana con l’esercito federale composto da soldati serbi, croati, sloveni, bosniaci e montenegrini, un caos perchè il militare croato, preso per la sete, veniva costretto a sparare contro un altro croato, in difesa della Jugoslavia.
Il governo di Belgrado mosse i carri armati, ma i più furbi furono gli sloveni, che, dopo aver messo centinaia di tir rovesciati sulle autostrade, concessero semaforo verde ai federali, autorizzandoli a partire da Lubijana per Belgrado, senza colpo ferire, con la concessione di treni speciali da trasporto delle armi pesanti.
Il guaio è stato che i croati non mollavano di un millimetro e, di conseguenza, la guerra divenne realtà. Massacri ai laghi di Plivice, ponte storico di Mostar fatto a pezzi, non si sa da chi, deportazioni di massa in lager peggio dei campi di concentramento nazisti, fucilazioni solo perchè non sei croato o serbo. Un dramma tremendo. L’assedio a Sarajevo, dove la bella città aveva ospitato le Olimpiadi invernali pochi anni prima. La bella Jugoslavia, terra delle nostre vacanze, a Milanello veniva tristemente commentata, quasi con incredibilità, da Boban, croato, Savicevic montenegrino, augurando un termine veloce della inutile carneficina. Addio Jugoslavia. Per fortuna, adesso c’è la pace, ma ci sono voluti oltre un milione di morti per seppellire l’ascia di guerra. Il nostro cuore è sempre all’isola rossa, davanti alla favolosa Rovigno, dove oggi sventola la bandiera croata che arriva fino a Dubronik, città martire, dove i cannoni serbi avevano infierito contro le storiche mura della città patrimonio dell’umanità.
di Luigi Sada